Tutta la notte della veglia pasquale, si concentra in quel momento, quasi magico o molto tradizionalista della religiosità popolare siciliana e non solo, sconfidando nei secoli, i territori della mitteleuropa. Stiamo parlando della “Calata della Tila”, tradizione che ormai si è consolidata nei secoli e rimane viva tutt’oggi. Il momento è solenne, sacro, imperturbabile. Durante tutta la Settimana Santa, nelle chiese, si coprono con teli generalmente neri (a segno di lutto), le immagini sacre che raffigurano il dolore della passione di Cristo, attendendo con impazienza, la Domenica di Pasqua nel quale avviene la fatidica “Risurrezione”. Secondo quanto voluto dalla tradizione, il sacerdote o chi per lui, giunta la mezzanotte durante la celebrazione eucaristica della Veglia di Pasqua, comincia a suonare la campanella o, per questioni teniche, le campane della chiesa, annunciando la caduta, in questo caso, del telo di colore “bianco” dalla zona del presbiterio, per lasciar spazio (anche per coloro che credono un pò meno) all’immagine del Signore risorto in tutta la sua bellezza statuaria, incarnando il giubilo dei fedeli e la festa della “Risurrezione” di Cristo. Diverse chiese di Sicilia, diventano quindi, le protagoniste assolute di una tradizione così forte: si passa dalla Chiesa di San Domenico a Palermo, alla Cattedrale. Nella Sicilia orientale, ad esempio, nella Chiesa Madre di Biancavilla, paesino del catanese (per citare le realtà dei paesi, che sembrano lontane anni luce ma in realtà non lo sono), si svolge questo rito dal sapore mistico e inebirante. Naturalmente, considerando le esigenze linguistiche e i bisogni di ogni luogo di Sicilia, la tradizionale dicitura della “Calata della Tila” assume connotati differenti, lasciando spazio alle varietà del nostro dialetto. A Pedara, altro paesino catanese, si chiama “Cascata da tila” oppure ad esempio, a Petralia Sottana, nel palermitano, viene definita come “Calata du tiluni”. Eppure, la Sicilia e i suoi abitanti per tal ragione, non riescono a venire meno alle tradizioni popolari della religiosità, cercando, forse, in qualche modo, di convincere anche i “meno credenti” a farsi catturare,coinvolgere, incuriosire da tanto splendore quanto scenografico momento artistico.
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