La legalità torna di moda ad Adrano
Un sit-in di protesta per denunciare le prepotenze mafiose dirette ad un imprenditore della zona
- Cronaca
- 31/03/2014

- di Veronica Alongi
Adrano – << Sospendo tutti i miei investimenti ad Adrano. Volevo lanciare un messaggio positivo, non ci sono riuscito ma lo sconfitto non sono io ma la città >>. La storia di Giuseppe Toscano, un 49enne imprenditore agricolo di Adrano ma residente da tempo a San Giovanni Valdarno (Arezzo), avrebbe potuto avere un tale epilogo dopo gli atti intimidatori a cui egli è stato sottoposto, vanificando il tentativo di ricongiungersi alla terra natia che è proprio di chi ha rinunciato ad essa per andare altrove, ma che non ha mai tagliato realmente quel simbolico cordone ombelicale. Mosso dalla nostalgia e dalla voglia di scommettere sul territorio adranita, il signor Toscano intendeva dar vita ad un agriturismo nei terreni di sua proprietà situati in Contrada Pernicotto, area nota per le numerose sciare e grotte di scorrimento lavico in cui molte famiglie si rifugiarono durante la seconda guerra mondiale per schivare i bombardamenti aerei. Siamo molto lontani da quegli anni lì, ma lo scenario che l’adranita emigrato al nord si è trovato di fronte per ben tre volte in questi ultimi cinque anni, nelle occasioni in cui è tornato in Sicilia per far visita ai familiari e tenere sotto controllo i suoi terreni, è davvero da campo di guerriglia: lo scorso ottobre un incendio aveva fatto crollare la copertura del suo casolare e pochi giorni fa nuovi danni, stavolta alle pareti interne dell’edificio buttate giù con violenza, nonché macerie rinvenute anche all’esterno riguardanti alcuni muretti, un forno a pietra e un’altra casa poco distante messa a soqquadro. Le parole di apertura nascono proprio dal senso di rassegnazione che sopraggiunge nel momento in cui le proprie ambizioni e il profondo attaccamento al luogo in cui si nasce e per lo sviluppo del quale ci si vuole spendere si sgretolano e diventano ammassi di pietre e vetri rotti; ma quelle parole e quella frustrazione non sono andate disperse, d’altronde non si può rimanere indifferenti ad un tale monito e pensare che le battaglie contro gesti barbari e intimidatori come quelli subiti da Toscano siano la normalità, mentre chi commette simili nefandezze gioisce della resa e del silenzio che si crea attorno ad atti del genere. Atti di mafia, senza se e senza ma, senza troppi giri di parole. Contro di essi, e contro qualsiasi tipo di intimidazione, un nutrito gruppo di persone, messe insieme dai Giovani Democratici e dalla Federazione degli studenti, si è ritrovato ieri mattina proprio nei terreni devastati di Contrada Pernicotto accogliendo così il grido d’aiuto del signor Toscano e dimostrando a lui e a coloro che hanno distrutto il progetto in cui credeva che non basta abbattere fisicamente delle mura, in quanto è la voglia di lottare e di respingere la mafia in tutte le sue forme a non potere e non dover essere minimamente scalfita. Il sit-in, che ha coinvolto molte associazioni tra cui “Libera”, “Asaee”, “Fiaa-Cidec”, “Zest”, “Rifiuti Zero”, “Obbiettivo Adrano”, “Big Bang”, “Laboratorio d’Efesto” e a cui ha partecipato anche la madre del signor Toscano, si è aperto con un benvenuto rivolto a tutti dal consigliere Adele Trovato, che ha sottolineato come la politica deve dare maggiore attenzione a queste tematiche se si vuole effettuare un cambio di rotta ad Adrano, comune balzato alla cronaca fin troppe volte per notizie simili: <<Non è il primo atto che in questo periodo ha coinvolto i cittadini di Adrano; ricordiamo le rapine alle varie farmacie, l’assalto di balordi ad un povero anziano preso a martellate per rubargli la pensione, gli incendi al salone di un parrucchiere della zona, tutte vicende di fronte cui indignarsi>>.
Tra coloro che hanno voluto esserci per aderire in pieno all’iniziativa persone che giorno dopo giorno hanno a che fare con problematiche del genere, come il coordinatore etneo dell’associazione “Libera” Giuseppe Strazzulla, il quale esorta i giovani a non ritenere sé stessi il “futuro” ma il “presente”, ed è proprio nella vita quotidiana che bisogna agire contro le barbarie della mafia. TrinacriaNews24 gli ha rivolto alcune domande.
Qual è il messaggio che lei in quanto rappresentante di “Libera” si sente di dare ai tanti imprenditori e agricoltori che si sono ritrovati nella stessa situazione del signor Toscano e non hanno avuto la forza, o spesso il sostegno istituzionale, per continuare a lottare?
<<Senza tanta retorica, ma basandomi su fatti reali, dico che oggi è possibile non pagare il pizzo. Oggi veramente non ci sono più scuse o alibi: paga chi vuole pagare. Le associazioni antiracket sono molto ben organizzate, lo stare insieme di tanti imprenditori porta ad una consapevolezza e quindi anche ad una capacità di risposta alle intimidazioni mafiose che può in qualche modo arrivare a buon fine. Oggi i mafiosi non vanno più a chiedere il pizzo nei negozi o nelle attività commerciali poiché sanno che molte di queste hanno dietro associazioni antiracket pronte a coprigli le spalle>>.
Ultimamente Catania e la sua provincia sono state molto attive sul fronte del sequestro e della confisca di beni a molti clan mafiosi della zona. Qual è la situazione attualmente presente in Sicilia in base alla sua esperienza con “Libera”?
<<I dati sono molto positivi per quanto riguarda i numeri e la qualità delle confische. La confisca da molto fastidio ai mafiosi, più della galera: è un’umiliazione, vuol dire togliergli una sorta di medaglia dal petto. Per quanto riguarda la gestione dei beni confiscati, c’è una legge sicuramente buona ma che ha bisogno di ritocchi; purtroppo l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati non riesce sempre a svolgere la propria funzione sia per il numero esiguo di impiegati sia per l’intervento di meccanismi strettamente politici. Noi di “Libera” ci stiamo muovendo anche in tal senso, sia col comune di Paternò che con quello di Catania; abbiamo dato la nostra consulenza per la realizzazione di un regolamento sui beni confiscati, al fine di concederli in modo trasparente alle varie associazioni>>.
Ad unirsi allo sdegno Pietro Cannistraci, dell’associazione “Rifiuti Zero”, che giustamente sottolinea la sua presenza da persona <<innamorata del suo territorio pieno di risorse, ma in cui il vandalismo e la maleducazione la fanno da padrona>>, e il consigliere Giovanni Ricca, anch’egli in vesti del tutto lontane da quelle propriamente politiche. Altro contributo importante è stato quello di Gabriella Guerini, presidente dell’”Associazione antiracket antiusura etnea”, molto coinvolta dalla vicenda anche per ragioni strettamente personali.
Lei e suo marito, in passato commercianti, siete stati colpiti in prima persona da intimidazioni mafiose. Come reagire?
<<Nel 1982 sono arrivate le prime telefonate contenenti minacce. Noi sin da subito però avevamo deciso di non pagare nessun pizzo. Fino al 1991 abbiamo ricevuto avvertimenti di ogni tipo, ma non ci hanno ammazzato perché non abbiamo mai dato la speranza di cadere nel ricatto. Da lì nasce l’idea della nostra associazione, che da anni ormai riesce a dare assistenza nei processi alle vittime, costituendosi parte civile e facendo si che lo facciano i sindaci stessi, e ottenendo importanti condanne. La nostra associazione ha un buon staff tecnico che sprona le persone un tempo vessate a ricominciare nelle vesti di imprenditori veri, capire dove hanno sbagliato e quello che devono fare>>.
Voi siete attivi nei processi come detto, ma anche nelle scuole. Come si trova a parlare di legalità ai giovani, che riscontri ha avuto?
<<Bisogna innanzitutto che i professori preparino i ragazzi riguardo a tematiche così serie, anche attraverso le pubblicazioni che “Libera” da alle scuole. La cosa importante poi è scegliere degli argomenti e delle attività, come ad esempio inscenare dei giochi di ruolo nei quali gli alunni si fingono commercianti e sviluppano capacità imprenditoriale, oltre a progetti che vertono sull’uso responsabile del denaro. Inoltre c’è anche un lavoro sul comportamento, su come ragionare in determinate situazioni: metodi questi che uniscono all’approccio teorico un metodo più realistico nell’affrontare le varie circostanze che si possono presentare>>.
Infine, tra gli oratori, anche il presidente della “Federazione Italiana Antiracket Antiusura” di Catania Orazio Arena, che si è detto molto soddisfatto dell’evento organizzato, un’iniziativa che accomuna chiunque fa associazionismo.
Il vostro è un organismo che si pone come punto di connessione tra istituzioni e associazioni che si impegnano nella lotta ad ogni tipo di mafia. Esistono dei problemi nel rendere pratica tale collaborazione?
<<Il problema a mio avviso può essere risolto solo se si fa rete. Non impegnarsi solo sulla carta: lavorare tutti insieme, dialogare, confrontarci. Tutti per un unico scopo che è quello di dare una mano al territorio. Il senso civico sta attraversando un momento di grande crisi sociale, culturale, morale, economica. Ognuno di noi deve fare il proprio dovere e dare il proprio contributo. La “Fiaa” ha esordito pochi mesi fa a Catania nell’intento di supportare la piccola e media impresa, ma sentiamo nostra ogni battaglia nell’intera provincia e non possiamo accettare che chi decide di investire nel proprio territorio debba confrontarsi con un mero rischio calcolato quale la mafia. È vergognoso. Oggi speriamo sia un punto di partenza, dobbiamo proseguire su questa strada e fare associazionismo non per timbrare il cartellino, ma per combattere giornalmente>>.
Attualmente come vengono percepiti temi quali la legalità dalla gente comune, persistono ancora remore o pregiudizi?
<<Quando ero all’università, ricordo che molti miei colleghi di Adrano mi parlavano addirittura di una sorta di “coprifuoco” nel loro paese, di genitori impauriti che mandavano i loro figli a vivere a Catania e di autobombe che rischiavano di scoppiare. È sicuramente importante organizzarsi dal basso, far si che Adrano e le sue problematiche non passino inosservate, perché ciò che è accaduto al signor Toscano può benissimo succedere a uno dei nostri cari e si deve dunque lavorare sodo affinché si cambi mentalità>>.
In una lettera poi proprio Giuseppe Toscano, che ha deciso di destinare le sue terre ad associazioni atte a promuovere iniziative di legalità, ha dichiarato di sentirsi lusingato dall’attenzione riposta sul suo caso. Ha ricordato come sia davvero affezionato alla sua terra d’origine, in cui un tempo <<la solidarietà e il rispetto abbondavano, così come la miseria>>, ma in cui la delinquenza purtroppo ha attecchito; ha raccontato di come molti dei suoi amici si sono dileguati dopo ciò che gli è successo, ma questo non lo ha fatto sentire solo perché, afferma Toscano rivolgendosi ai presenti, << in ognuno di voi oggi c’è un Giuseppe Toscano>>.
Veronica Alongi
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