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Io la mia terra non la lascio

La storia di Emanuele Feltri, tra la campagna e l’impegno contro le mafie

Ricostruzione-via-del-grano

“Chi [..] protesta con tutta la sua forza, anche sentimentale, contro il regresso e la degradazione, vuol dire che ama quegli uomini in carne e ossa”.

Pier Paolo Pasolini nutrì un amore sconfinato per il Sud e la sua gente, le cui caratteristiche tradizionali sono state man mano rase al suolo dall’avanzamento della civiltà dei consumi affermatasi tra gli anni ’50 e ’70, emblema a suo dire di una decadenza sociale e culturale, ma soprattutto spirituale. Lottare per uno scenario diverso, non contaminato dai fumosi e roboanti frastuoni della città, e interpretarlo come vero e proprio stile di vita contiene sicuramente molto del concetto pasoliniano che, sebbene si presti ad una difficile riproposizione nell’attualità, diventa il fulcro dell’azione di un giovane perito agrario siciliano dal grande coraggio e dal forte legame con la sua terra. Emanuele Feltri, 34 anni, porta con sé una storia davvero particolare, del tutto controcorrente alla società del “Perché io valgo”: il valore a cui questo imprenditore agricolo si appella è la passione per l’ambiente, la vocazione bucolica e l’impegno affinché le sue stesse radici non vengano deturpate ingiustamente. Il mondo di Emanuele è la campagna e si colloca esattamente su una collina nei pressi di Paternò, in contrada Sciddicuni, con vista sull’Oasi avifaunistica di Ponte Barca; egli non solo sceglie di vivere in una zona da tempo abbandonata e lontana dal centro abitato, ma pone proprio qui le basi della sua piccola azienda biologica producendo arance, olio, ortaggi e tramandando attività contadine all’insegna della sostenibilità ecologica ed economica. La zona in cui opera, dichiarata dal 2009 area protetta per effetto di un decreto regionale, è tuttavia terra di conquista in cui in molti si riversano per inquinare, cacciare, incendiare e delinquere in qualsiasi modo; ovviamente un “guastafeste” come Emanuele si è rivelato essere poco gradito per coloro che dell’illecito e della condotta mafiosa in questi pezzi di territorio dimenticati da tutti ne fanno la regola universale, cui a nessuno è chiesto di interferire. Il giovane imprenditore siculo ha denunciato più volte la prepotenza di individui del luogo intenti a imporre il pizzo agli agricoltori e a distruggere l’ambiente circostante, attirando l’ostilità e le minacce di quanti non vedono di buon occhio le iniziative a sostegno delle quali Emanuele ha deciso di dedicare i propri sforzi e sacrifici. Ed è proprio a partire dal 29 giugno del 2013, giorno in cui casa sua viene presa di mira e trasformata in una sorta di set alla Francis Ford Coppola, con pecore ammazzate e teste di agnello appoggiate al suolo, che il fastidio prodotto dal semplice ragazzo di campagna diventa ancora più assordante, catalizza l’interesse dei media e dei social network, fino a raggiungere un numero consistente di persone che hanno preso a cuore la battaglia di Emanuele organizzando un Coordinamento spontaneo di cittadini in difesa della Valle del Simeto. Nessuna intimidazione dunque può fermare la volontà di chi, come Emanuele, promuove un modello di imprenditoria agricola sana, libera dai diktat del mercato e che non cede a ricatti ed ecomafie. Ma, si sa, per quanto molto possa essere fatto singolarmente, sono le istituzioni che devono in prima linea prestare il loro importante aiuto a questo tipo di lotte, migliorando le zone prive di vie di comunicazione, elettricità, sistema fognario e di altre infrastrutture necessarie per la vivibilità del luogo. << Oggi – come afferma lo stesso Emanuele – la raccolta fondi purtroppo è praticamente ferma, il denaro raccolto non basta per ripristinare la “via del grano”, nemmeno per il tratto che riguarda la contrada Sciddicuni. Stiamo cercando di coinvolgere il comune che si era impegnato a dare un supporto pratico, ma ci stiamo perdendo nei meandri della burocrazia >>. È inutile dunque ricordare uomini che hanno lottato fino alla morte come Placido Rizzotto, anch’egli spesosi contro le tirannie dei più forti e la paura dei lavoratori, e non dare un adeguato sostegno a chi è vivo e queste stesse crociate le combatte giornalmente. È ora di pensare al territorio in chiave pasoliniana, o meglio, farlo con gli occhi di un ragazzo innamorato della sua terra.

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