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La laurea triennale: ecco chi ha “speranza di lavorare”, ma pagato poco

I dati confluiscono dall’ultimo rapporto di Almalaurea

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Palermo – Sfatato il mito della laurea triennale senza sbocchi di lavoro perché poco professionalizzante. Questo quanto si evince dall’ultimo rapporto di Almalaurea, sulla condizione lavorativa dei laureati 2013 che ha coinvolto circa 450.000 laureati post “riforma 3+2″. Al contrario delle aspettative, tra i primi posti per occupazione non ci sono le discipline tecnico – scientifiche, mentre le professioni sanitarie rimangono sempre in alto mantenendo alti standard occupazionali. Accanto a quest’ultime compaiono le lauree in scienze e tecnologie informatiche, che garantiscono il lavoro per il 60% dei laureati nel ramo. Buone speranze anche per coloro che si laureranno in geografia, scienze dell’educazione e della formazione. Possibilità anche per i laureati in materie giuridiche. Dopo il dolce però, arriva l’amaro. La laurea triennale, che secondo i dati, in certi campi, può garantire tassi occupazionali anche dell’80%, infatti, paga poco. I “laureati triennali”, hanno perso in stabilità e retribuzioni. Rispetto al 2008, la stabilità lavorativa ha subito una brusca contrazione e la causa di ciò sembra essere stata il crollo dei contratti a tempo indeterminato. Inoltre le retribuzioni reali, in alcuni campi, sembrano essere addirittura calate del 20%. Va preso in più atto dell’aumento dei lavori che dei contratti lavorativi regolamentati non riconoscono nemmeno l’odore. I dati espressi da Almalaurea, almeno quelli citati nella prima parte di questo articolo, sembrano essere cifre a noi molto lontane. A dover di cronaca infatti ci preme molto precisare che dall’inizio della crisi a oggi, il tasso di disoccupazione dei ragazzi che escono dalle università è più che raddoppiato.

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Diplomato presso il liceo scientifico Mauro Picone di Lercara Friddi, studia scienze della comunicazione presso l'Università di Palermo. Ha collaborato con il Giornale del Mediterraneo, Canale 8 e TeleJato